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Autoanticorpi anti-IFN di tipo I nei pazienti con life-threatening COVID-19

News Covid

Luglio 09, 2021

Sappiamo come errori genetici alla base della via degli interferoni di tipo I (IFNs) sottendano ad una predisposizione significativamente maggiore allo sviluppo di severe infezioni virali.

Sono state altresì descritte fenocopie di questi difetti su base autoimmunitaria laddove cellule B auto-reattive producano anticorpi contro citochine chiave per l’immunità umorale (IFN-gamma, IL-6 ed IL-17F) mimando i suddetti difetti genetici. Nello specifico sono stati riscontrati cloni B cellulari producenti auto-anticorpi neutralizzanti contro i seguenti recettori:

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Al contrario di quanto osservato in precedenza la relazione tra queste fenocopie e quadri particolarmente severi di infezioni virali, sebbene supportata da un forte razionale, non è stata ancora dimostrata. Per tale motivo in questo recente lavoro multicentrico Paul Bastard et al (disponibile al seguente link: https://doi.org/10.1126/science.abd4585), hanno ricercato la presenza di auto-anticorpi contro gli IFN in pazienti infettati da SARS-CoV-2 con clinica di gravità variabile (987 con polmonite grave/severa, 663 lieve/asintomatica) ed in controlli sani (1227) per mettere in luce una eventuale relazione tra il rilievo di auto-anticorpi e fenotipi clinici più gravi. Lo studio mostra come il riscontro di auto-anticorpi contro gli IFNs (neutralizzanti in vitro) fosse sostanzialmente più probabile nella coorte con infezione severa da SARS-CoV-2 (101/987; 10.2%) rispetto ai gruppi con infezione lieve (0/663; 0%) o ai controlli sani (4/1227, 0.33%). Questo riscontro è risultato peraltro, nella coorte con polmonite severa da SARS-CoV-2, molto più frequente nel sesso maschile rispetto a quello femminile (12.5% vs 2.6%) e nei soggetti anziani rispetto a quelli più giovani (13% nel gruppo >65 anni vs 8.5% nei <65 anni).
Questo lavoro sottolinea il ruolo centrale dell’IFN di tipo I nella risposta all’infezione da SARS-CoV-2 evidenziando come i pazienti con auto-anticorpi contro questi componenti possano essere a rischio aumentato di progressione ad infezione severa quando colpiti dal virus. Tali pazienti, identificati attraverso semplici test sierologici, dovrebbero essere oggetto di particolari attenzioni dal punto di vista terapeutico come la plasmaferesi o strategie basate sull’inibizione specifica delle cellule B auto-reattive mentre risponderebbero meno a terapie basate sull’IFN.

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